mercoledì 1 aprile 2015

Terzo Capitolo



1957

Grazia correva sul marciapiede della strada deserta con l'unico pensiero che odiava fare tardi agli appuntamenti. La gonna stretta in vita e lunga fino alle ginocchia non le agevolava i movimenti. Al petto stringeva un libro con le pagine un po' ingiallite e gli angoli arricciati. La camicetta bianca estiva non era abbastanza fresca, il colletto stretto allacciato non le permetteva di respirare, un po' per il caldo e un po' per la fatica della corsa. Si slacciò il primo bottone senza fermarsi. Ormai mancava poco a casa di Paola. Guardò di sfuggita il piccolo orologio che portava al polso destro e rallentò sul marciapiede davanti alla casa dove la stavano aspettando. Aveva fatto tardi per leggere un ritaglio di giornale che suo padre aveva portato a casa. Aveva insistito che lo leggesse anche lei perché quello che c'era scritto era una notizia importante: quel giorno era stata presentata al salone di Torino la nuova Fiat Abarth 500, prodotta in pochissimi esemplari.
«Un giorno forse tutti noi potremo avere una 500» aveva detto suo padre, guardando avidamente il televisore mentre col pane raccoglieva il sugo rimasto nel piatto. Grazia non la pensava proprio così, credeva anzi che forse solo i suoi figli un giorno si sarebbero potuti permettere una macchina del genere. Lei per ora si accontentava di andare in giro in bicicletta oppure a piedi.


Quella sera l'aria estiva era ancora calda, nonostante fossero passate le otto di sera. Grazia fece due respiri profondi per non entrare in casa senza fiato. Si passò una mano tra i capelli ondulati e bussò delicatamente alla porta. Dentro sentiva tante voci di donne che ridevano e pensò che forse non avevano ancora cominciato.
La porta si aprì e davanti a lei comparve Paola, la padrona di casa. Era alta e formosa, il seno prorompente era evidenziato da una camicetta rosa di lino, sbottonata sul davanti. Portava un paio di pantaloni bianchi che le scoprivano le caviglie e parte del polpaccio. I capelli erano sciolti sulle spalle e ondulati e la fronte era coperta da una frangetta perfettamente arricciata. Sul naso portava degli occhiali con la montatura bianca e spessa, un po' allungati a lato in stile "occhi di gatto". Il suo viso era un po' irregolare, gli occhi erano vicini, il mento un po' sporgente e le labbra poco carnose. Eppure sapeva esattamente come vestirsi e come truccarsi per essere sempre carina.
Grazia sfoderò il miglior sorriso che possedeva e disse:
«Scusa per il ritardo!»
«Tranquilla Grazia, aspettavamo te per cominciare!» Paola le sorrise e muovendo solo le labbra scandì una sola parola: "Silvana".
Grazia alzò gli occhi al cielo. Silvana era la proprietaria del negozio di alimentari del paese. Pettegola, scontrosa, saccente. Convinta di avere informazioni e pettegolezzi su tutto e su tutti. Capace di descrivere con assoluta certezza l'efficienza dei trasporti in America o i piatti della cucina russa senza essere mai uscita dal paesello dove era nata. Sfruttava l'ignoranza delle persone per inventare storie, per sembrare la più colta, la più informata. Amava i pettegolezzi e amava crearne, era una donna da cui si doveva stare attenti, alla quale andava sempre raccontato il meno possibile.
Guardava le persone con gli occhi carichi d'affetto e di sincero interesse per spronarle a parlarle di sé, dei suoi problemi, delle sue liti familiari, si nutriva degli affari degli altri più che di ciò che vendeva in negozio. Erano cinque mesi che partecipava a quegli incontri mensili e Grazia pensava che non le interessasse mai realmente di cosa discutevano, quanto piuttosto cercare di carpire qualche informazione piccante da poter vendere in negozio insieme alle verdure.
Entrata nel grande salotto, Grazia vide cinque donne sedute su divani e sedie, intorno al tavolino basso su cui era poggiato un vassoio di biscotti, una teiera e otto tazzine da tè.
C'era Loretta, per la prima volta dopo due mesi. Aveva partorito di recente una meravigliosa bambina e non aveva potuto partecipare agli ultimi incontri.
C'erano le sorelle Matilde e Ginevra, di diciotto e ventidue anni, la prima fidanzata con un poliziotto, la seconda sposata con un avvocato squattrinato. Quelle sorelle si adoravano, passavano tanto tempo insieme progettavano di andare a vivere vicine, una volta che anche Matilde si fosse sposata.
C'era Amanda, della stessa età di Grazia, diciotto anni. Lavorava come infermiera all'ospedale della città vicina. Ogni mattina prendeva il treno e si faceva quasi due chilometri a piedi prima di arrivare al lavoro. Era entusiasta di quello che faceva.
C'era Lucia, la più anziana. Una donna sui quarant'anni con tre figli e un marito a cui piaceva bere e giocare a carte fino a tardi. Non che questo la disturbasse: suo marito era uno di quelli che quando beveva, cadeva sul letto e si addormentava per otto o nove ore di fila, quando lei lo svegliava per tornare in cantiere. Lucia viveva la sua vita dietro ai figli e coltivava il suo hobby del cucito senza alcun disturbo. Era relativamente felice, a quanto diceva.
Infine c'erano Paola, la migliore amica di Grazia, e Silvana la pettegola. Otto donne con età diverse, vite diverse e la stessa grande passione: la lettura. Grazia adorava il suo club del libro.

Quel mese avevano letto "Il ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde. Grazia l'aveva trovato nella vecchia libreria di sua madre e non aveva dovuto acquistarlo nella libreria nella quale lavorava come commessa.
Aveva letteralmente adorato quel libro. Di solito preferiva libri un po' più moderni come quelli di Agatha Christie, così pieni di tensione e mistero. Ma nel caso del romanzo di Wilde, aveva scoperto quanto quest'autore fosse in realtà molto moderno, la sua scrittura l'aveva rapita e c'erano stati passaggi in cui aveva pensato di trovarsi davvero al teatro a veder recitare Sybil Vane o nella soffitta dove Dorian Gray aveva nascosto il quadro.
Grazia salutò le ragazze e si sedette con loro su una sedia rimasta libera intorno al tavolino. Ognuna aveva appoggiato sulle ginocchia una copia del romanzo. Era ansiosa di cominciare:
«Ragazze non vedevo l'ora di parlare con voi di questo libro. Quanto è bello?»
Loretta le sorrise:«Io l'ho divorato durante le mie notti insonni. La bambina sembra non sapere cosa significhi dormire la notte. A proposito, grazie ragazze per il bel regalo. Le calzine e la berretta le stanno benissimo!»
Grazia e le altre del club avevano acquistato il regalo per Loretta nel negozio di oggetti per l'infanzia che aveva aperto in città. In realtà era stata Amanda che, lavorando ogni giorno all'ospedale, aveva avuto modo di passare dal negozio e scegliere il regalo.
«Figurati tesoro, è stato un piacere! Ma ho saputo che eri in camera con Brunella vero? A quasi 40 anni avere un figlio mi sembra davvero insensato...» Silvana aveva trovato il modo di deviare il discorso su qualcosa che le interessava davvero. Per fortuna Paola la fermò:
«Niente chiacchiere ragazze! Domani dobbiamo tutte alzarci presto, per un motivo o per un altro. Abbiamo cose più importanti di cui discutere. Parliamo prima della storia in generale. Come l'avete trovata?»
«Spettacolare. Davvero geniale direi. L'idea del patto col diavolo, che traspare ma non è mai dichiarato apertamente, e il quadro che non solo invecchia, ma imbruttisce man mano che l'anima di Dorian si sporca... Sembrava di vederselo davanti quel dipinto. Ero quasi intimorita a leggerlo di notte!»
«Già,» confermò Lucia, «non credevo che un autore dell'Ottocento potesse scrivere qualcosa di così moderno. Le azioni di Dorian sono descritte nella loro essenza più profonda e...»
«Sarei voluta entrare nel libro e dare due begli schiaffoni al signor Dorian!» completò la frase Paola.
«Oltretutto è una storia che fa riflettere, se accantoniamo per un momento la parte macabra e inquietante della storia. Insomma la vita scorre veloce e sembra che già a diciotto o vent'anni tu abbia raggiunto l'apice di ciò che di buono potevi fare nella tua vita. Molte donne si stanno per sposare, gli uomini hanno già un lavoro al quale torneranno ogni giorno per chissà quanti anni. Dopo poco arrivano i bambini e i problemi sembrano essere più delle gioie. Chi non vorrebbe fermare il tempo e rimanere sempre giovane abbastanza da poter dire: ho ancora tanto tempo per me.»
Le ragazze rimasero in silenzio dopo quest'affermazione di Matilde, a riflettere su quanto avevano appena sentito. Grazia disse:
«Beh, magari ti senti un po' rappresentata da Dorian Gray perché anche tu progetti di sposarti in futuro e mettere su famiglia, la cosa può spaventare...»
«E chi non è spaventato dal crescere? Io di certo lo sono stata!» disse Loretta. «Eppure ti posso garantire Matilde che il bello deve ancora venire. Stai con un uomo che ha un buon lavoro, utile alla società. Crescere spaventa, ma ti garantisco che sposarsi e soprattutto diventare mamma ti farà capire che le gioie che la vita riserva sono distribuite equamente in tutte le fasi che una donna vive fino alla vecchiaia!» Sorrise amorevolmente a Matilde.
La sorella Ginevra prese la mano di Matilde e disse: «Diciamo pure che noi abbiamo età diverse e ci sappiamo consigliare. Magari non saremmo capaci di fare un patto col diavolo e decidere di rimanere giovani per sempre. Noi però non abbiamo un personaggio importante che ha segnato la vita di Dorian: Lord Henry Wotton.»
Grazia prese la parola: «Oscar Wilde non poteva ideare un personaggio migliore. In libreria mi sono appuntata alcune delle sue frasi. "Quello che chiamano lealtà o fedeltà io lo chiamo letargo di abitudini oppure mancanza d'immaginazione." Fa riflettere. E noi siamo tutte donne che stanno crescendo e affrontando nuove esperienze... Un amico così ci farebbe credere che dovremmo fermarci e non pensare a responsabilità o figli o mariti. Io durante la lettura mi sono fatta un po' convincere!»
«Io ho provato una grande pena per il pittore Basil Hallward. Ritrae un ragazzo che ammira per la sua bellezza, crea quindi un'opera meravigliosa che poi però si trasforma nel riflesso del male. Inconsapevolmente da una sua cosa bella ne nasce una tremenda e lui ne rimane inorridito, probabilmente sentendosi in parte responsabile. Dorian Gray lo accusa e lo uccide. Uno dei pochissimi personaggi positivi del libro non sopravvive. Forse Oscar Wilde voleva farci capire che non sempre ciò che si fa a fin di bene verrà utilizzato dagli altri con scopi altrettanto buoni. L'ho trovata un'importante lezione di vita.» Amanda concluse il suo discorso e le ragazze rimasero un attimo in silenzio, come a voler assimilare quella sfumatura che forse non avevano colto alla prima lettura.
Prese la parola Lucia: «Se parliamo di personaggi svantaggiati, che ne pensate di Sybil Vane? Io vi giuro sono rimasta allibita da come si conclude la sua vicenda. Una ragazza semplice, un'attrice che s'innamora di Dorian, e viene lasciata brutalmente dopo una sua esibizione imperfetta. Io ragazze vi ho rivisto mio marito. Quando ci siamo sposati lui mi vedeva come la più perfetta delle ragazze, quasi mi venerava e mi diceva spesso che non si spiegava come potesse essere stato così fortunato da avermi trovata. Gli anni sono passati, sono arrivati i figli e nei rari momenti in cui è sobrio e può parlare con me, mi critica qualcosa. Evidentemente si è accorto dei miei difetti e non ha capito, come fanno tanti uomini, che nessuna donna è perfetta, ma che forse anche noi siamo costrette a ad accettare certi difetti dei nostri uomini e ce ne lamentiamo molto meno! L'unica differenza tra me e Sybil Vane è che lei si è suicidata, io ho rivolto le mie energie ai miei figli e ai miei hobby.» Concluse la frase con un sorriso mesto e le altre ragazze la guardarono con tenerezza, cercando di farle capire che loro le sarebbero sempre state vicino e la apprezzavano, con tutti i suoi pregi e difetti.
Trascorsero il resto dell'ora a parlare degli altri personaggi e di come le loro vicende riflettessero la vita reale di ognuna di loro. Solo Silvana non disse niente, probabilmente non aveva neanche letto il libro e se ne tornò a casa insoddisfatta.



Grazia adorava quelle discussioni perché si stupiva sempre di quanto ogni volta che parlavano di un libro riuscivano a ritrovarvi qualcosa che la rappresentasse, un avvertimento, un consiglio, una situazione che anche lei aveva vissuto e alla quale non sapeva come rapportarsi. Erano un po' i suoi maestri di vita.
Rimasero d'accordo per ritrovarsi il mese successivo a casa di Ginevra, dopo aver letto "Orgoglio e Pregiudizio" di Jane Austin.
Salutò l'amica Paola promettendosi che una sera sarebbero andate a prendere un gelato insieme per passare una serata tranquilla a chiacchierare. Con il libro stretto al petto, Grazia scese le scale del portico di casa di Paola e s'incamminò verso casa sua. I suoi pensieri vennero però interrotti dalla vista di un'ambulanza davanti alla casetta accanto alla libreria dove lavorava.
Il libro le scivolò di mano quando si rese conto di chi abitasse in quella casa.

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